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La storia della mobilità a Roma è un tema che affascina molti, soprattutto considerando quanto fosse stratificata e complessa. La prima Zona a Traffico Limitato della capitale è un esempio emblematico di come i Romani di epoca antica cercassero di regolare i flussi del traffico nella loro città. Questo articolo esplora le innovazioni legislative introdotte da Giulio Cesare e la loro ripercussione sulla vita urbana, offrendo un’inedita prospettiva su un problema che oggi è più attuale che mai.
Nel 45 a.C., Giulio Cesare, una figura storica di spicco, non era solo un abile stratega sul campo di battaglia, ma anche un amministratore innovativo. Fu lui a promulgare la Lex Iulia Municipalis, un insieme di norme fondamentali destinate a regolare il trasporto e il traffico a Roma. Questa legge, di fatto, non si limitava alla sola capitale, poiché prevedeva linee guida per altre città dell’impero, fungendo da “legge quadro”. Con il suo intervento normativo, Cesare cercava di porre un freno al caos, sempre più evidente, delle strade romane.
All’epoca, la situazione era piuttosto critica: le strade, già affollate da pedoni, animali e mercanti, erano ulteriormente congestionate da un elevato numero di carri. Nel tentativo di rendere la vita dei cittadini più vivibile, Cesare decise di limitare la circolazione dei carri carichi di merci durante il giorno. Questo divieto nascondeva, dietro a sé, l’intento di migliorare la qualità della vita urbana, favorendo così anche un controllo maggiore sui flussi di movimentazione.
Con il passare degli anni, il problema del traffico e del rumore divenne una vera spina nel fianco per i cittadini romani. Oltre un secolo dopo la Lex Iulia, il poeta Marziale, con il suo consueto sarcasmo, si lamentava dei disturbi notturni. I suoi versi, con schiettezza, descrivono il disagio di chi viveva in una Roma sempre più invasa da suoni molesti, sottolineando quanto fosse difficile trovare tranquillità nella notte, nonostante la presenza di galli e geni silenziosi.
Questa situazione non era solo di difficile sopportazione, ma rifletteva anche una città incapace di controllare il proprio ritmo di vita. La frenesia del giorno si protraeva anche nella notte. In effetti, l’affollamento delle strade e dei vicoli di Roma culminava in un mix di rumori che disturbava le ore di riposo. In un contesto in cui le strade erano già congestionate, il bisogno di una regolamentazione del traffico diventava sempre più vitale. Ciò dimostra che, nonostante le leggi, la natura umana e le necessità quotidiane potevano facilmente scavalcare qualsiasi tentativo di ordine.
Cesare, lungimirante nelle sue decisioni, individuò anche delle eccezioni a questi rigorosi divieti. Ai carri in “servizio pubblico” veniva concesso di circolare anche nelle ore diurne. Questa mossa permetteva di garantire la mobilità necessaria per il trasporto di sacerdoti e per le attività legate alla giustizia e ai giochi pubblici, come le celebri gare e gli eventi che animavano le piazze. I servizi di nettezza urbana, fondamentali per mantenere la città pulita, erano anch’essi esonerati.
Questa scelta evidenziò una comprensione pragmatica del funzionamento della città. Cesare sapeva che, per quanto fosse necessaria una regolamentazione rigorosa, ci fossero delle esigenze che non potevano essere ignorate. La sua capacità di bilanciare le esigenze dei cittadini con quelle della pubblica amministrazione è un aspetto che dimostra quanto lontano fosse il suo pensiero politico. I provvedimenti da lui presi hanno lasciato una traccia indelebile nella Costa esistenziale di Roma, contribuendo a definire la vita di una popolazione in continua evoluzione.
Dunque, l’influenza di Giulio Cesare sulla regolamentazione del traffico non si limita a un semplice controllo, ma avoca a sé una visione più ampia del tessuto urbano. Senza di lui e le sue decisioni, Roma potrebbero aver conosciuto disordini inimmaginabili. La sua eredità normativa, quindi, si estende anche a questioni che, oggi, continuano a essere vive e rilevanti.